“Vi sono due metodi principali
di cura: uno che fonda ogni suo procedimento solo sull’osservazione
precisa della natura, su esperimenti accurati e sulla pura
esperienza ossia il metodo omeopatico (prima di me mai
correntemente usato); il secondo metodo (eteropatico) allopatico
che tutto questo non fa. I due metodi sono contrari l’uno
all’altro e solo chi non li conosce può illudersi
che si possano avvicinare od anche abbinare e può perfino
arrivare alla ridicolaggine di curare il malato a suo piacere
ora allopaticamente ora omiopaticamente. Questo procedimento
costituisce un tradimento delittuoso verso la divina omiopatia.”
“ S.Hahnemann – Organon dell’arte del guarire - § 52 – VI
Edizione)
"In nessun caso di malattia è necessario,
e per questo soltanto non è lecito, somministrare
al malato, in una volta, più di un’unica
medicina semplice, ben nota nella sua azione, oppure
un miscuglio di più medicine diverse tra loro.
Nell’unica terapia vera e semplice, nella terapia
veramente naturale qual’è l’omiopatia,
non è permesso di dare al malato due diverse medicine
in una volta".
“ S.Hahnemann – Organon dell’arte del guarire - § 273 – VI
Edizione)
La scelta di iniziare con questi due
paragrafi dell’Organon rischia di essere scandalosa
in un’epoca nella quale si tende ad uniformare
e massificare qualunque idea, al solo scopo di renderla
universalmente accettabile: e, scandalosa, tale scelta
vuole essere. I due paragrafi citati, per la loro lapidaria
intransigenza, da soli basterebbero a vanificare ogni
ulteriore spunto di riflessione ed ogni ulteriore disamina
delle metodologie messe in atto dalle diverse scuole
di pensiero omeopatico.
Ma un po’ di critica, pur se assolutamente rispettosa
nei confronti del grande genio di Hahnemann, mi sia consentita,
al solo scopo di fornire uno stimolo a quanti sono desiderosi
di intraprendere seri studi, privi di preconcetti, verso
una possibile spiegazione di questa difficile ed affascinante
disciplina medica.
L’Omeopatia è una metodica terapeutica in evoluzione,
un cammino iniziato da S.Hahnemann, più di 200 anni
fa, con la pubblicazione dell’Organon. Questo cammino,
lento e progressivo, si è giovato, nel tempo, del
contributo delle intuizioni di numerosi studiosi della materia.
Recentemente il cammino si è fatto più spedito,
molte delle idee originali di S.Hahnemann hanno trovato conferma
sperimentale, molte ancora questa conferma non l’hanno
e, forse, per alcune le meta è lontana. L’arrivo
sarà quello di un’umanità che conosce
profondamente e perfettamente se stessa ed i più sottili
meccanismi che regolano la vita.
L’uomo del terzo millennio, pur non essendo fenotipicamente
e genotipicamente dissimile da quello degli inizi del XIX
secolo, vive una situazione ambientale profondamente diversa.
La presenza di inquinanti, nell’aria e nell’acqua, è più elevata
che rispetto agli albori dell’era industriale; la necessità di
una maggiore quantità di cibo, ha portato alle coltivazioni
intensive, con uno smodato uso di pesticidi, conservanti,
antibiotici, se non coltivazioni trans-geniche; la presenza
di inquinamento elettromagnetico (computer, cellulari, ecc)
o radiazioni; lo stesso utilizzo di farmaci, proposti come
accettabili dalla medicina allopatica, alcuni assorbiti addirittura
sin dal momento del concepimento, comportano per l’uomo
contemporaneo delle problematiche che incidono sulla sua
salute, sia nel breve periodo, che sul corredo genetico della
specie.
L’epoca in cui S.Hahnemann formulò le sue argute
osservazioni vedeva un uomo, la cui vita media era senza
dubbio più breve e che viveva in condizioni igieniche
non ottimali, i cui “inquinamenti” erano più “naturali” e
la cui rimozione poteva seguire regole più semplici.
Lo studio clinico di un paziente dell’era moderna si
presenta, invece particolarmente complesso: il malato, alla
sua ereditarietà patologica assomma, sin dalla nascita,
noxae patogene più refrattarie ad essere rimosse.
Il medico si pone come un restauratore
di una vecchia tela sulla quale il tempo ha depositato
segni diversi, se non addirittura lesioni vandaliche.
Se quanto affermato fino ad ora, non verrà sottoposto
a contestazioni, potremmo allora affermare che i “dogmi” hahnemanniani
dovrebbero essere considerati “sorpassati” alla
luce delle moderne acquisizioni scientifiche, ma nella realtà riteniamo
che possano essere sempre attuali.
Se l’ambiente assume realmente un grande valore, incidendo
sullo stato di salute della popolazione, stressando il concetto,
potremmo affermare che S.Hahnemann, se fosse nato oggi e
studiando su presupposti diversi, avrebbe creato probabilmente
una diversa omeopatia. E’ una ipotesi che considero
suggestiva. S.Hahnemann avrebbe assistito o partecipato,
da grande studioso e metodologo quale era, a numerose scoperte
scientifiche.
La scoperta dei virus e batteri non
gli avrebbe, però, sminuito il concetto di terreno
reattivo individuale, considerandoli (i patogeni) l’elemento
esogeno che aggredisce quello endogeno, in un momento
di riduzione delle resistenze individuali. D'altronde
già allora S.Hahnemann, pur non conoscendo il
concetto di agente patogeno, ci ha parlato di contagio,
di Miasma, considerato una sorta di effluvio, qualcosa
che si trasmette, che diffonde.
Avrebbe probabilmente proposto le sue regole di guarigione
considerando i moderni studi di immunologia e avrebbe verificato
quanto, su quella, incide la psiche: gli studi sul SNC dimostrano
che i neuroni producono e stimolano l’isoleuchina-1,
un’attivatore dei linfociti. Avrebbe verificato altresì,
che buona parte della reattività degli individui dipende
dall’incidenza che le strutture cerebrali hanno sul
funzionamento delle ghiandole endocrine: gli studi di neuro-psico-endocrinologia
hanno spiegato i sistemi di regolazione a feed-back tra ipotalamo,
ipofisi e ghiandole endocrine.
E avrebbe immaginato un intervento omeopatico, tipico di
un trattamento “eugenetico”, sin dalla fase nella
quale si formano i tre foglietti embrionari, da cui discendono
le correlazioni tra ipotalamo e ghiandole a secrezione interna.
Avrebbe riformulato i concetti sull’utilizzo delle
piccole dosi, basandosi sulle ricerche sui neurormoni che
dimostrano che una sostanza può essere veleno e terapia
al tempo stesso, perché come gli ormoni, stimolano
e reprimono le reazioni individuali a seconda della dose.
Ma su questo avrebbe anche usufruito del contributo offerto
dei fisici Arndt e Schultz.
Tutto ciò mi sembra possa giustificare un nuovo atteggiamento
che l’omeopata deve assumere per far evolvere continuamente
il sapere omeopatico, senza rinnegare i principi fondamentali
su cui si fonda la dottrina, ma adattandoli al divenire delle
conoscenze mediche ed alle mutate condizioni di reattività dei
pazienti. Così come l’omeopata considera l’individuo
un’entità dinamica, in continua evoluzione,
anche l’arte che egli esercita per governare i processi
di guarigione dovrà essere in continua evoluzione.
Più difficile è invece comprendere come possa
l’omeopatia integrarsi con la medicina allopatica,
verificare le differenze o le affinità tra due modelli
che hanno in comune, comunque, il nobile scopo di alleviare
le sofferenze al malato e ripristinare la salute. La medicina è interpretata
necessariamente da due punti di vista: quello del malato
e quello del medico. Il primo dà alla malattia una
importanza che la scienza non tiene in considerazione: la
malattia è il suo vissuto (ciò è in
comune a tutte e due i modelli, accademico ed omeopatico).
Il punto di vista del medico invece non tiene conto del vissuto,
ma razionalizza la conoscenza del male e la traduce in una
oggettività scientifica: ciò è più tipico
del modello allopatico che di quello omeopatico. La medicina
allopatica studia i fattori eziologici, attribuendo ad essi
primaria importanza, prescrive farmaci per la malattia ed
il malato è “oggetto” di tale terapia:
i farmaci dovranno esercitare la loro azione indipendentemente
dalle sensazioni soggettive. Nella medicina omeopatica il
paziente è soggetto attivo: egli indica al medico
la strada della prescrizione che viene proposta soprattutto
per “il punto di vista del malato”.
Gli inglesi usano il termine “illness” per
definire l’esperienza soggettiva del malato, con
la parola “disease” intendono l’apprendimento
medico che si ha della malattia,
“sickness” contraddistingue l’oggettività, il malessere.
E’ necessario che l’omeopatia pur evolvendosi verso una forma di
strutturazione che la renda accettabile al mondo accademico, riesca ad integrare
il “disease” (aspetto comune ai due modelli) con il “sickness” (inquadramento
nosologico) lasciando il dovuto rilievo alla “illness”.
La nascita di diverse correnti di pensiero omeopatico deriva
da un processo di confronto e successivo avvicinamento della
metodica omeopatica al pensiero allopatico.
La Medicina Omeopatica, nel variegato mondo delle medicine
non convenzionali, si colloca come disciplina sistematica
che gode di un’autonomia delle proprie regole sul piano
teorico, clinico diagnostico e terapeutico. Tali regole conseguono
ad un principio detto della “similitudine”. Tale
principio prevede che i meccanismi di omeostasi, dagli omeopati
chiamati “forza vitale”, alterati dalla malattia,
siano regolarizzati dall’utilizzo di sostanze (provenienti
dal mondo vegetale, minerale o animale) aventi capacità (dimostrata
in via sperimentale o tossicologica) di determinare, sperimentate
in un individuo sano, sintomi simili a quelli della persona
malata. Il principio di similitudine ha radici antiche, se
ne trova traccia in scritti sanscriti o dell’antica
Persia, nella Bibbia, negli scritti di Ippocrate, di Galeno,
di Averroè.
Ma la codifica in sistema terapeutico ha avuto realizzazione
solo con S.Hahnemann, che ha anche introdotto il criterio,
sperimentale, della diluizione infinitesimale e della dinamizzazione
alle sostanze, dotandole di un particolare potere terapeutico.
Negli ultimi 200 anni l’Omeopatia si è diffusa
in Europa e negli altri continenti e, pur nel rispetto dell’impostazione
hahnemanniana, è stata sottoposta a diverse interpretazioni
dell’approccio clinico-terapeutico del malato.
Le scoperte della scienza medica accademica e (finalmente)
la ricerca scientifica mirata alla dimostrazione d’efficacia
dei prodotti omeopatici, hanno portato all’affermazione
di diverse scuole di pensiero omeopatico.
Tutte le scuole hanno mantenuto due principi dell’omeopatia:
la ricerca del simile e l’utilizzo di sostanze a diverso
grado di diluizione e dinamizzazione.
Ma come tutte le teorie medico-scientifiche sono sottoposte
periodicamente ad una revisione dei modelli terapeutici,
così anche l’omeopatia ha elaborato nuove ipotesi
atte a spiegare l’azione dei farmaci omeopatici su
diversi livelli del “simile”. Dal simile dell’Omeopatia
classica, che affronta il paziente nella sua globalità funzionale,
si è passati a metodiche che, stressando il concetto
di similitudine, giungono a considerare il simile cellulare,
o quello immunologico.
L’Omeopatia moderna ha quindi vissuto una evoluzione
che ha visto affiancarsi alla Scuola Omeopatica Unicista
(classica), le Scuole Pluralista e Complessista.
La Scuola Unicista insegna ai propri medici, definiti anche
tradizionalisti, la ricerca del medicamento unico che corrisponda
alla globalità dei sintomi espressi dal malato: il “simillimum”.
Solitamente si giunge all’utilizzo di dosi ad alte
o altissime diluizioni ed il medicinale prescritto viene
somministrato a frequenze piuttosto lunghe. Queste scuole
si sono sviluppate soprattutto nei paesi anglosassoni (Scuola
Kentista) o in Sud America.
La Scuola Pluralista prevede che, oltre al “simillimum”,
la prescrizione terapeutica si giovi dello studio “diatesico” (inteso
come studio del modello reattivo del soggetto alle diverse
noxae patogene) e dello studio “costituzionale” (inteso
come l’insieme delle caratteristiche del soggetto:
biotipologia, reattività neuro-psico-endocrina, caratterologia).
Quindi al rimedio “simillimum” vengono associati,
a bassa diluizione, farmaci omeopatici che mirano alla modulazione
dei sintomi diatesici e/o di quelli costituzionali. Questa
impostazione metodologica prevede, quindi, che il malato
venga curato profondamente e globalmente ma anche che, rapidamente,
venga migliorata la sintomatologia attuale riferita, riducendo
il suo disagio e migliorando la "compliance" verso la terapia.
La Scuola Pluralista, secondo una impostazione olistica,
utilizza altri prodotti che hanno dimostrato efficacia terapeutica:
gli organoterapici, gli oligoelementi, la floriterapia, i
fitoterapici ed i gemmoderivati preparati secondo le regole
delle Farmacopee.
Se ne deduce che, questa impostazione, praticata in Europa
da circa l’80% dei medici esperti in omeopatia, pur
conservando l’applicazione del principio fondamentale
dell’omeopatia, cioè la ricerca del “simillimum”,
integra la terapia con presidi che realizzino particolari
sinergie.
La Scuola Complessista prevede la somministrazione di un
insieme di medicamenti, a bassa diluizione, spesso mescolati
tra loro anche a diversa dinamizzazione, che abbiano una
affinità o sinergia indirizzata al tropismo d’organo.
La formulazione del medicamento complesso omeopatico tiene
conto della legge di similitudine, ma soprattutto della diagnosi
nosologica e del tropismo d’organo. I medicinali omeopatici
vengono somministrati, oltre che per la classica via perlinguale,
anche con somministrazioni alternative, quali la via iniettiva
e quella rettale.
La tendenza allo studio dell’alterazione funzionale
d’organo, il concetto di intossicazione, di blocco
e degenerazione mesenchimale, tipica del pensiero omeopatico
tedesco, ha dato origine ad un’ulteriore metodica:
l’Omotossicologia. Si tratta di un sistema terapeutico
che utilizza medicinali omeopatici unitari, complessi e medicinali
non tradizionalmente omeopatici. La scelta del medicinale
segue regole particolari sviluppate dal dott Reckeweg. La
presenza di molte sostanze derivate dalla biochimica moderna,
le modalità di prescrizione e di indicazione, che
ricalcano quelle della medicina accademica, ne fanno un sistema
terapeutico a sé stante, che non deve essere confuso
con l’Omeopatia della quale utilizza, comunque, un
gran numero di medicamenti.
Non può sfuggire come gli approcci terapeutici Pluralista
e Complessista, diversificati su più livelli d’intervento
(globale, eziologico, di funzione e d’organo), meglio
si attaglino alle caratteristiche del medico formatosi nelle
Università, rendendo possibile quella integrazione
tra medicina Accademica ed Omeopatia.
E’ essenziale proseguire nella ricerca sia fondamentale
che clinica. E’ essenziale che ciò avvenga senza
preconcetti e con l’umiltà insita nell’onestà intellettuale
di ogni vero studioso. L’Omeopatia ha bisogno di questo.
L’assenza di una prova non è la prova di un’assenza.
Le teorie sono reti: solo chi le butta pesca .(Novalis)
Bibliografia
AA.VV., La medicina integrata, dalla
ricerca alla applicazione clinica-atti .SIOMI-Roma, 2001
AA.VV., OMEOMED-Abstract book. Univ. degli Studi-Urbino,
1992
AA.VV., Omeopatia e ricerca scientifica-atti del convegno.Univ.
degli Studi-Catania, 2002
AA.VV., Verso una medicina integrata-atti del convegno. SIOMI-Firenze,
2000
Belon P. e AAVV, Ricerca in omeopatia. Edizioni BOIRON-Francia,1999
Bignamini M.& Felisi E..Metodologia omeopatica. Casa
Editrice Ambrosiana-Milano,1999
Bornoroni C., Biotipologia. Casa Editrice Ambrosiana-Milano,1999
Brigo B. L’uomo, la fitoterapia, la gemmoterapia. Tecniche
nuove, Milano 1997
Coulter H.L., Guida alla medicina omeopatica. Dimensione
Umana-Milano, 1972
Del Giudice E. e N., Omeopatia e bioenergetica. Cortina international-Verona,
1984
Demarque D. & altri, Farmacologia e Materia Medica omeopatica.
Tecniche nuove, Milano 1995
Dip.Scient. Heel. Ordinatio antihomotoxica e Mat. Medica.
Baden-Baden, 1988
Dujany R., Omeopatia. Edizioni R.E.D. Como, 1989
Hahnemann S., Le malattie croniche. Dimensione Umana-Milano.
Hahnemann S., Organon dell’arte del guarire. LUIMO-Napoli,
1987.
Harrison Principi di medicina interna. Mc-Graw-Hill. Milano,
1989
Ist.Omeopatico italiano, Farmacopea Omeopatica. Unione Tipogr.
Editrice-Torino, 1902
Jouanny J., Materia Medica Omeopatica. Laboratori BOIRON,1993
Meconi F., Forza vitale ed omeopatia. Fratelli Palombi Editore-Roma,
1987
Negro F., Il paziente, il medico e l’omeopatia. Fratelli
Palombi Editore-Roma,1989
Ortega P.S., Appunti sui Miasmi. CEMON Editrice-Napoli, 1982
|