“The end of Homeopaty” – La
fine dell’Omeopatia.
Con questo titolo comparso sulla rivista scientifica Lancet si è tentato,
come sempre più spesso sta avvenendo, di dimostrare la
non credibilità della metodica più diffusa tra
le medicine complementari: l’Omeopatia. La pubblicazione
scaturisce da uno “studio” tendente a dimostrare
la sovrapponibilità della metodica terapeutica di S. Hahneman
all’effetto placebo.
Non è mia intenzione disquisire, in questa sede, per confutare
il lavoro comparativo di alcune metanalisi perché numerose
pubblicazioni, di autorevoli ricercatori, lo hanno già brillantemente
ed esaurientemente fatto e perché ci porterebbe lontano
dal tema che ci siamo prefissi di affrontare. E’ opportuno
solamente far rilevare che, in qualunque tipo di studio, non è possibile
considerare il farmaco omeopatico alla stessa stregua di quello
tradizionale. Il farmaco omeopatico e la relativa metodologia,
al pari di altre discipline complementari, delle quali autorevoli
colleghi ci parleranno, presentano aspetti scientifici e presupposti
teorici che non sono in alcun modo riconducibili a quelli conosciuti
per la farmacopea chimica tradizionale. Mentre il farmaco enantiopatico
risponde ai principi della legge d’azione di massa e quindi
al suo paradigma molecolare, l’azione del farmaco omeopatico,
per le sue peculiari caratteristiche, si ipotizza sia in relazione
a meccanismi di tipo fisico-elettromagnetico capaci di determinare
nell’ambiente acquoso globale trasformazioni reattive che
comportano modificazioni fisiopatologiche ed, in varia misura,
relazionali e psicologiche.
La scienza classica considera gli esseri viventi e la Natura
secondo leggi fisiche certe e consequenziali che però nel
tempo hanno dimostrato il loro limite nella spiegazione di fenomeni
fisiologici pur reali ed evidenti. Una fisica non più classica,
la fisica relativa, la fisica dei quanti hanno permesso di ipotizzare
altre possibilità interpretative della Natura. Il caos
che caratterizza i processi naturali, dalla fisica classica, è considerato
assenza di ordine. Oggi è considerato una dimensione retta
da leggi, non sempre ben definibili, ed il concetto di disordine è inteso
come complessità.
I sistemi caotici che regolano i meccanismi della natura sono
sistemi dinamici prevedibili a breve termine e, quindi, riconducibili
ad una logica nuova più o meno complessa. Si potrebbe
quindi affermare che nel caos c'è un sorta di "organizzazione" cioè un
processo che si dimostra imprevedibile e non deterministico,
ma partecipe al tempo stesso di ordine e disordine, di condizioni
di equilibrio e di non equilibrio, comunque come detto prima,
DINAMICO.
Ne consegue che lo studio dell’uomo inserito nella natura
dovrà superare i ristretti confini dello spazio-tempo
con obbligatoria sequenzialità di eventi, per considerare
invece che solo il fluire dinamico dell’energia regola
tutti i processi biologici. Per comprendere queste mutazioni
continue in un individuo sorge quindi la necessità di
considerarlo nella sua unitarietà psico-fisica in perenne
mutazione.
Di tale apertura, che conferisce maggior spazio alla libertà umana,
partecipa anche il sapere scientifico stesso.
Infatti la natura, in quanto realtà non omogenea ed estremamente
complessa, sembra resistere ad ogni intento conoscitivo inglobante
tipico dei limiti insiti nel metodo scientifico. Diventa pertanto
necessario sbarazzarsi di quelle conoscenze linguisticamente
confinate entro "mappe" o "modelli" che ovviamente
non sono la realtà, bensì livelli o aspetti particolari
di essa.
Ne consegue che le metodologie complesse di diagnosi e terapia
delle medicine complementari, e quindi dell’omeopatia,
non possono essere studiate con trial in doppio cieco fissi ed
assoluti quali quelli utilizzati per lo studio dell’azione
delle molecole ponderali: in tali casi le conclusioni saranno
obbligatoriamente ed ovviamente ricche di indicatori negativi.
La medicina omeopatica, ed il più vasto campo delle medicine
complementari, si basano su esperienza e conoscenza, non come
i detrattori spesso si ostinano a dire, su principi fideistici.
I principi ci sono ma scaturiscono dalla esperienza sperimentale,
la cosiddetta via empirica.
Non apparirò blasfemo nell’affermare che la medicina
non è una scienza esatta, poiché appare evidente
che nella clinica quotidiana infiniti sono i casi in cui, dove
non si arriva con la scienza (conoscenza), si arriva con l’empirismo.
Insisto sull’argomentazione: quando diciamo che la medicina è scientifica
forse vogliamo affermare che è più tecnica e tecnologica,
cioè assistita da supporti che permettono sovente un più preciso
inquadramento diagnostico, ma non sempre certezze scientifiche
inoppugnabili.
I periodici attacchi portati alle medicine complementari, sostenuti
da lobbyes interessate a non dividere con altri i già scarsi
budget della ricerca, lungi dallo scoraggiare gli oltre 150.000
medici europei e gli oltre 50 milioni di pazienti che le praticano
allontana sempre di più il mondo scientifico accademico
da un’impostazione, posseduta invece dalle medicine complementari,
più rispettosa dell’uomo nella sua globalità di
mente e corpo.
Il problema reale della medicina moderna non è quindi
quello di mettere in contrapposizione le medicine complementari
con la medicina ufficiale, ma di arricchire il bagaglio culturale
di ogni medico del maggior numero di conoscenze che gli permetta
di curare (e possibilmente guarire) il suo malato secondo la
migliore soluzione possibile per lui in quel momento.
La medicina pertanto è una sola, ed al medico è demandata
la responsabilità di intervenire sul paziente con le tre
tappe che qualificano l’atto medico nella sua specificità:
diagnosi, prognosi e terapia. La confusione nasce dalla presunzione
di alcune lobbies di considerare solo quest’ultima (la
terapia) l’atto medico.
Giova, tra l’altro, ricordare che la FNOMCeO ha riconosciuto
le medicine complementari come atto medico.
Ma l’Omeopatia è solo empirismo o da quest’ultimo
si può partire per individuare i presupposti per essere
scienza? Perché esista anche quest’ultimo assunto
occorrono presupposti che attualmente l'Omeopatia possiede solo
in parte mentre altri sono da conquistare.
Per essere scientifico il sapere oggi dev'essere rigorosamente
logico, verificabile e, più di recente, falsificabile.
Sebbene infatti George Gaylord Simpson affermasse che: "Le
basi della scienze sono quelle osservazioni che chiunque normalmente
può ripetere" negli ultimi anni la metodologia tende
a valorizzare piuttosto che la "verificabilità",
il concetto della "falsificabilità" delle teorie
scientifiche.
Infatti secondo Karl Raimund Popper (in Italia D.Antiseri, M.
Baldini, E. Agazzi), il carattere fondamentale di una teoria
scientifica risiede nella possibilità di essere "confutata",
cioè dimostrata falsa con la sperimentazione o con una
osservazione.
Il metodo sperimentale ipotetico-deduttivo, o galileiano, prende
origine dall'osservazione diretta dei fenomeni empirici. Nasce
con Leonardo da Vinci, si sviluppa con Cartesio e Francesco Bacone,
per giungere una enunciazione definitiva con Galileo Galilei.
Ma è alla fine dell'Ottocento che viene sistematizzato
dal metodologo francese Claude Bernard, che struttura un vero
procedimento conoscitivo del metodo sperimentale.
Gli elementi caratteristici del metodo scientifico si identificano
in quattro punti fondamentali:
1) L’osservazione
2) L’ipotesi interpretativa
3) La deduzione delle conseguenze osservabili
4) La sperimentazione, con la capacità di riprodurre le
circostanze nelle quali, partendo dall'ipotesi iniziale, le conseguenze
osservabili dovrebbero realizzarsi. L’Omeopatia è nata
come osservazione sensibile basandosi sull'esperienza anziché su
già codificati presupposti scientifici, sta a noi quindi
il compito di rivisitarla con una visione multidisciplinare per
distinguere ed approfondire gli aspetti veramente sperimentali
da quelli empirici.
Proviamo quindi ad attribuire ai suddetti punti i principi dell’Omeopatia.
1) L’osservazione: inseriamo qui il primo enunciato dell’Omeopatia “ogni
sostanza dotata di potere farmacologico determina nell’individuo
sano e sensibile un insieme di sintomi caratteristici della sostanza
utilizzata”.
2) L’ipotesi interpretativa: si inserisce qui l’argomento
principale della nostra trattazione: la legge di similitudine
di Ippocrate-Hahnemann “I medicamenti, cioè le sostanze
farmacodinamicamente attive, sarebbero capaci di guarire malattie
analoghe a quelle che sono in grado di causare”.
Si crea un parallelismo di azione tra il potere tossicologico
di una sostanza e il suo potere terapeutico.
- Il Mercurio e i suoi sali provocano tossicologicamente fenomeni
di oliguria e anuria, la terapeutica classica ha utilizzato fino
a non molto tempo fa diuretici mercuriali per trattare oligurie
o anurie, che non avevano sicuramente rapporto con una intossicazione
mercuriale.
- La secale cornuta (o meglio gli alcaloidi derivati Ergotamina,
Ergonovina e Metisergide) è utilizzata in terapia nelle
cefalee vaso-motorie e nelle emicranie, nelle emorragie uterine,
tossicologicamente la secale provoca fenomeni vasomotori con
cefalee, arteriopatie con ipertensione, emorragie uterine, arteriti
e gangrene alle estremità.
|