Lavori

Similia similibus curentur


Curare il simile col proprio simile, è questa la frase che caratterizza tutta l’opera di S.Hahnemann fondatore del metodo medico omeopatico.
Diamo subito una definizione del metodo: l’omeopatia è un metodo diagnostico/terapeutico che utilizza sostanze naturali, del mondo vegetale, animale e minerale, applicando una legge farmacologica denominata “Legge dei simili” o “Principio di similitudine”. Chiariremo in seguito questi concetti.
E’ opportuno adesso un breve cenno sulla biografia di S.Hahnemann perché ci aiuterà a comprendere le origini della metodica omeopatica.
S.H. nasce a Messen in Sassonia l’11 Aprile del 1755. Già a 12 anni è in grado di sostituire il suo professore di greco e le sue biografie tramandano che conoscesse oltre al tedesco anche il francese, l’italiano, il latino, il greco e lo spagnolo e fosse capace di leggere ed interpretare l’arabo, l’assiro, l’ebraico ed il caldeo.
Inizia i suoi studi universitari di medicina come borsista nelle università di Lipsia e Vienna e si laurea in Medicina, nel 1779, presso l’Università di Erlagen.
Inizia la sua attività destreggiandosi con le metodiche dell’epoca: salassi, eccitanti, tonici, nervini, purganti e confortanti.
Nel 1781 apre a Dessau il suo studio ed inizia i primi esperimenti sul retro della farmacia Hasseler.
Nel 1782 sposa la figliastra del farmacista Henriette Kucler dedicandosi sempre di più alle sperimentazioni farmacologiche.
Svolge l’attività, diciamo, di medico di base per circa 10 anni. Le sue pubblicazioni e l’abilità professionale gli recano notevole fama e nel 1791 viene chiamato a far parte della allora prestigiosa Società Economica di Lipsia (paragonabile alle attuali associazioni Rotary, Lions, ecc) e della Accademia delle Scienze di Magonza (qualcosa di equivalente al nostro C.N.R.).
Ciò nonostante non è soddisfatto di se stesso e dei metodi terapeutici utilizzati e viene colto da una profonda crisi di coscienza. Chiude lo studio, si racconta mandando via i clienti, e, per nutrire la folta prole, aveva ben 11 figli, si dedica, viste le sue vaste conoscenze linguistiche, alla traduzione di libri di medicina.

Nel 1792 pubblica, a Francoforte, due testi: “L’amico della salute” ed un “Dizionario di Farmacia”.
Durante la traduzione di un famoso trattato di Farmacologia dell’epoca, la “Materia Medica” di Cullen, noto medico scozzese, alla voce Cinchona, cioè l’estratto della corteccia di China, è sorpreso per la similitudine esistente tra i sintomi della malaria ed i sintomi che presentavano gli operai addetti alla lavorazione della corteccia di china dalla quale si otteneva il chinino, farmaco utilizzato appunto per la cura della malaria .
Inizia così a sperimentare su se stesso gli effetti della China assumendo per cinque giorni, due volte al giorno, due grammi di China ed annotando scrupolosamente tutti i sintomi che si manifestavano.
Così scriveva :”per realizzare l’esperimento andai avanti ad assumere per diversi giorni, quotidianamente, due volte al giorno quattro pizzichi per volta di china di buona qualità; dapprima incominciai a sentir freddo ai piedi, alla punta delle dita, ecc...., divenni fiacco e sonnolento, poi iniziarono le palpitazioni, il mio polso divenne duro, e accelerò i ritmi; mi assalirono un angoscia insopportabile, un tremito ed una spossatezza in tutti gli arti; poi si susseguirono svariate manifestazioni, quali un battito in testa, un rossore alle guance, la sete. In breve fecero la loro comparsa, uno dopo l’altro, tutti i sintomi che erano d’altronde abituali per me in un caso di malaria, esclusi i veri e propri brividi di febbre. In poche parole apparvero tutti quei sintomi particolarmente caratteristici della malaria che ero abituato a riscontrare in casi del genere, cioè l’apatia dei sensi, quel tipo particolare di rigidità in tutte le articolazioni, ma soprattutto quella sorda e spiacevole sensazione che sembra avere la sua sede nel periostio di tutte le ossa dell’intero corpo. Questo parossismo durava da due a tre ore ogni volta e si ripeteva solamente dopo l’assunzione del farmaco; in caso contrario cessava. Interruppi l’assunzione e guarii.
Quindi la China, o Chinino, usata per curare le febbri intermittenti produceva, somministrata sperimentalmente in soggetti sani, i sintomi della malattia che guariva.
Era questa la prima osservazione su cui fondò il metodo terapeutico chiamato omeopatia.
Nel 1810 pubblica quindi la prima edizione dell’Organon dell’arte del guarire nel quale detta le regole del suo metodo terapeutico.
Dal 1812 al 1820 insegna all’Università di Leipzig.
In quarant’anni, ha sperimentato su di se, sui suoi figli ed ha fatto sperimentare ai suoi allievi circa 61 sostanze note all’epoca, tra cui belladonna, digitale, oppio, mercurio, arsenico, oro, petrolio, acido fosforico, zolfo, stagno, zinco, dulcamara ed annotando ciò che provava.
Ha chiamato l’insieme dei sintomi registrati per ogni rimedio:

PATOGENESIA DEL RIMEDIO.

Nel periodo dal 1811 al 1821 pubblicò la raccolta delle patogenesie, che aveva codificato, che chiamò

MATERIA MEDICA PURA

Ad ogni esperimento aveva ottenuto, su tutti i vari sperimentatori, per una determinata sostanza sempre la medesima risposta: dunque le sostanze dotate di potere farmacologico provocavano gli stessi sintomi che potevano curare.
Era quindi la conferma parziale della legge di Ippocrate

SIMILIA SIMILIBUS CURENTUR

ciò che intossica può poi guarire se somministrato a dosaggi molto bassi.
Ecco quindi la definizione della prima legge su cui si fonda il metodo terapeutico:
“ogni sostanza del mondo vegetale, minerale o animale con potere medicinale provoca nell’uomo sano quei sintomi che può curare nel malato e tale sostanza viene definita pertanto OMEOPATICA dal greco omoios = simile e pathos = malattia, in quanto tale sostanza viene usata per una patologia che si dimostra “simile” ai sintomi tossicologici della sostanza stessa”.
Il termine opposto ALLOPATICO usato per quella che comunemente viene definita medicina ufficiale indica che quest’ultima usa medicamenti diversi (allos) cioè contrari alla pathos (malattia).
Vi è quindi un parallelismo d’azione tra il potere tossicologico della sostanza ed il suo potere terapeutico.
Facciamo un esempio: se osserveremo una malattia nella quale il paziente presenti pupille dilatate, violenta congestione di sangue alla testa con dolore pulsante alle tempie, febbre alta con cute arrossata e bruciante, irritabilità nervosa, aridità della bocca e della gola, contrazioni e spasmi muscolari, potremo identificare in Belladonna il medicamento adatto, poiché così si manifesteranno gli effetti tossici di tale sostanza.
L’adozione della legge dei simili quale pietra miliare della terapia omeopatica, come già detto, è nota alla storia della medicina fin dai tempi di Ippocrate, III Sec. a.C. che per primo la osservò e ne parlò, ma, pur avendo avuto nel tempo diverse interpretazioni, nella formulazione di S.H. significa esattamente, e mi si perdoni la ripetizione, che:
“ciascuna sostanza medicinale può curare quel paziente la cui totalità dei sintomi corrisponde alla totalità dei sintomi provocati dalla medesima sostanza, una volta somministrata ad una persona sana”.
Si evince da ciò che la ricerca dei sintomi del malato non potrà essere approssimativa o accontentarsi dei sintomi più ovvi ed appariscenti. L’indagine anamnestica dovrà mirare al rilievo dei sintomi più caratteristici del malato e se riferiti alla specifica malattia, dovrà evidenziare le modalità particolari, se non perfino le più insolite, sorprendenti e singolari con cui si evidenzieranno tutti i sintomi in quel malato.
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La seconda regola del metodo terapeutico Hahnemanniano è l’utilizzo della dose minima.
H. constatò che la somministrazione, in accordo con la legge dei simili, di sostanze dotate di azione farmacologica a dosaggi ponderali, portava ad un notevole aggravamento dei sintomi, ed iniziò a ridurre drasticamente le dosi.
Nel 1796 aveva notato nella sperimentazione dei medicamenti l’esistenza di sintomi che aveva definito “primari” e sintomi “secondari”, questi ultimi in un certo senso opposti ai primi.
H. scrisse, a proposito dei sintomi primari e secondari dell’opium: “ uno stato d’animo sollevato e senza paura, una sensazione di forza e di audacia, una gaiezza immaginosa sono in parte il risultato diretto e primario di una dose moderata di opium. Ma dopo un periodo di otto o dodici ore, ecco che insorge uno stato opposto, ossia l’azione secondaria indiretta, seguita da rilassatezza, malinconia, diffidenza, stizzosità, perdita di memoria, disagio, paura …”
All’inizio pensò che fossero i sintomi causati dal farmaco, le osservazioni successive gli permisero però di trarre come conclusione che i sintomi primari erano propri della sostanza somministrata ed i secondari esprimevano la reazione dell’organismo al medicamento.
Esisteva cioè una reazione di quella che gli omeopati chiamano forza vitale dell’organismo. Alla somministrazione del medicamento secondo la legge dei simili si aveva quindi un iniziale aggravamento poiché, ai sintomi del malato si sovrapponevano i sintomi simili del medicamento. In un secondo momento la reazione dell’organismo faceva si che comparissero i sintomi secondari che erano “opposti” ai sintomi della malattia e segno della reazione della forza vitale dell’organismo tendente al riequilibro.
Poiché quindi l’effetto terapeuticamente utile dei medicamenti era da attribuire solo ai sintomi secondari, H. iniziò a ridurre i dosaggi per diminuire l’effetto dei sintomi primari, propri del medicamento e responsabili dell’aggravamento.
Il metodo di riduzione basato su progressive diluizioni fu standardizzato.
H. ottenne così le diluizioni decimali (in progressione 1 a 10) e le centesimali (in progressione 1 a 100).
Queste diluizioni sono però spinte sino al punto che statisticamente la sostanza di partenza non è più presente nella soluzione ottenuta.
Per questo motivo gli omeopati vengono accusati di somministrare soltanto dei placebo.
Secondo la legge di Avogadro, infatti il numero delle molecole in un grammo/mole di ogni sostanza è circa 1 x 10- 23. Ne consegue che quando superiamo la diluizione 12a centesimale o 24a decimale è statisticamente improbabile che nelle soluzioni sia presente una singola molecola del soluto di partenza.
Il mio vecchio maestro, il Prof. Antonio Negro, soleva affermare: “Contra factum non valet argomentum” è cioè un dato di fatto che i pazienti che hanno scelto di sottoporsi a terapie omeopatiche guariscono, anche da serie malattie organiche. Certamente in un contesto scientifico non possiamo accontentarci di questa semplice constatazione, ma se i tempi ce lo consentiranno, potremo discutere di ricerca in Omeopatia e potremo vedere come gli studi vengano ben condotti.
Ora desidero solamente sottolineare che i medicamenti omeopatici vengono somministrati anche in epoca neonatale o nel settore della medicina veterinaria con ottimi risultati, ed i questi casi è molto difficile pensare che che i relativi processi di guarigione siano da attribuire all’effetto “placebo” o alla suggestione.
Per completezza occorre aggiungere che il metodo terapeutico omeopatico si caratterizza oltre che per la diluizione dei medicamenti anche per l’associata dinamizzazione delle diluizioni.
H. infatti nella sua proposta, ai paragrafi 269 e 270 dell’Organon spiega che ogni diluizione va sottoposta ad un processo di succussione ben standardizzato perché, spiega lo stesso Autore ... “la succussione sviluppa energie prima non palesi, latenti, dinamiche...”
Il grande fisico Pannaria così afferma: “Nelle diluizioni omeopatiche, private anche dell’ultima molecola, resterebbe la stampa, l’impronta della molecola, cioè l’antimolecola, o antiparticella. La succussione che accompagna sempre le diluizioni omeopatiche, è la quantità di moto impartita ad ogni diluizione e quindi la quantità di energia, correlativa all’impulso di succussione, impressa alla funzionalità dell’antiparticella, che permane stampata sullo sfondo. Codesta quantità di energia va anch’essa diluendosi col diluirsi delle particelle, cioè coll’estrazione delle particelle ad ogni attenuazione. Però l’energia viene reintegrata ad ogni diluizione da uno stesso numero di succussioni”.
Pannaria vuol dire cioè che, con la scomparsa della materia, a causa delle scosse che ha subito la diluizione si forma una quantità di energia specifica per ogni medicamento.
Sulla rivista “Focus” del gennaio di quest’anno si legge: “solo di recente gli scienziati hanno preso in considerazione l’idea che l’acqua non sia semplicemente il “contenitore” in cui avvengono tutte le reazioni chimiche che ci consentono di vivere, ma che sia una protagonista del nostro metabolismo.”
Questa teoria, già pubblicata dal dott. J. Benveniste sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale “Nature”, è sostenuta da molto tempo da due fisici italiani: il prof. Giuliano Preparata ed il prof. Emilio Del Giudice.

La terza regola che H. raccomanda è quella della somministrazione di un unico medicamento alla volta. Ciò perché in ossequio alla legge dei simili, gli esperimenti vengono condotti con un unico medicamento alla volta.
Per giungere alla prescrizione del medicamento omeopatico, il medico omeopata deve condurre un’indagine accurata con la codifica della totalità dei sintomi del paziente per ottenere quella che, Tomaso Pablo Paschero, grande medico omeopata argentino, definiva la sindrome minima di valore massimo che consente l’individuazione del simillimum cioè di quel medicamento che copre la totalità dei sintomi del malato.
Da tutto ciò consegue che lo sforzo del medico omeopatico è quello, una volta formulata la diagnosi nosologica o sindromica, di raggiungere una diagnosi olistica del paziente, che tenga conto si dei sintomi e segni patognomonici della malattia, ma che essi siano qualificati dalle modalità particolari con le quali si estrinsecano in quel malato, e ciò li fa diventare estremamente significativi.
Quello che abbiamo detto fino a questo momento è il percorso iniziale del lavoro di S.Hahnemann, infatti questa metodica applicata dal grande medico tedesco portava si a guarigione i pazienti, ma troppo spesso le malattie recidivavano o nello stesso paziente si succedessero l’una all’altra.
S.Hahnemann pensò quindi che doveva esserci qualcosa che non aveva ancora intuito e che avrebbe potuto rendere stabili i processi di guarigione.
Le malattie si comportavano come se trovassero un terreno favorevole e predisponenente.
Dopo alcuni anni (1828) di studio pubblicò il “Trattato delle malattie croniche” nelle quali introduceva appunto il concetto di terreno predisponente che chiamò “miasma”, questo termine ormai desueto viene modernamente sostituito da quello di “diatesi”.
Con questo termine dunque si suole definire quella situazione predisponete alla genesi di una serie particolare di patologie.
S.Hahnemann identificò tre diatesi che chiamò Psorica, Sicotica e Luesinica.
La diatesi Psorica è definita diatesi dell’ipo, ipofunzione, iporeattività, in essa annoveriamo le patologie cutanee, le alternanze patologiche cutaneo-mucose, le patologie dotate di periodicità e ricorrenza, le patologie allergiche, le patologie caratterizzate da secchezza.
La diatesi Sicotica è la diatesi dell’iper, iperfunzione, iperreattività, in essa annoveriamo la caratteristica di produrre secrezioni in eccesso, catarri, escrescenze cutanee (verruche) o iperplasie cellulari (fibromi, miomi, cisti) ed in ultima analisi anche i tumori.
La diatesi Luesinica è la diatesi del dis, dismorfia, disfunzione, disreattività, in essa annoveriamo le patologie degenerative cioè quelle che giungono a distruzione .
Ma il medico omeopata per giungere alla sintesi del medicamento unico che abbiamo definito simillimum occorrono altri dati perché la medicina omeopatica vede nel paziente un essere unico ed irripetibile.
Il medico deve quindi osservare l’aspetto biotipologico del paziente.
Quando, in modo generico tutti noi osserviamo gli altri ci accorgiamo delle varie differenze morfologiche, ci sono soggetti magrissimi e slanciati, altri bassi e con ossatura robusta, altri ancora di costituzione intermedia con un buon apparato muscolare. Ebbene tutti questi soggetti sono biotipi differenti, perché non è solo l’aspetto fisico che cambia ma anche quello ormonale e nervoso.
E’ quella che oggi viene detta, con un termine molto lungo, neuropsicoendocrinologia.
D’altro canto, questo concetto non può più essere scisso poiché l’anatomia, la fisiologia e la biochimica ci hanno ormai indicato che il funzionamento delle ghiandole endocrine, tiroide, surrenali, ghiandole genitali è regolato dall’ipofisi, una piccola ghiandoletta dituata all’interno della scatola cranica, poco sotto il cervello, che è a sua volta controllata dall’ipotalamo, struttura questa prettamente cerebrale.
Ed ecco che in base a ciò vedremo, guardandoci attorno, una varia umanità, con differenti temperamenti: soggetti sanguigni, veementi, che si accendono per nulla, che si congestionano in viso e che poi vanno incontro a patologie cardiovascolari.
Ed ancora soggetti dalla pelle bianca, pallidi, sovrappeso, lenti, tranquilli e metodici che vanno incontro a patologie metaboliche, diabete dislipidemie, malattie dell’apparato digerente.
Oppure soggetti magrissimi, iperattivi, nervosi, iperattivi anche nella psiche, ma nello stesso tempo labili che vanno incontro a patologie nervose con più facilità.
Ed altri aspetti ancora.
Ma su questi temperamenti, incidono ancora l’educazione, la formazione religiosa, le esperienze della vita, ed è ciò che dà il carattere ad un individuo.
Ma se tutti questi fattori, costituzione, diatesi, temperamento, carattere si inetrsecano tra di loro in modo diverso, come tanti tasselli di un puzzle ecco che comprendiamo che ogni individuo è un essere unico ed irripetibile, ed è un universo nell’universo.
Allora dovrà esistere un metodo di cura che nella universalità dell’essere umano permetta di rispettare la sua individualità: l’omeopatia è questo ed il medico omeopata si sforza di fare questo.
Altri concetti importanti della metodica medica omeopatica riguardano l’inquadramento biotipologico e diatesico del paziente nonché la legge di guarigione di Hering.

Essa è molto semplice e si riassume così: la guarigione completa e stabile avviene quando la forza vitale viene lasciata libera di muoversi nella sua direzione naturale nell'organismo: dall'alto al basso, e perciò il miglioramento deve avvenire prima nella mente e poi nei sintomi fisici; dall'interno all'esterno, e perciò i sintomi devono scomparire prima negli organi più nobili; dai più recenti a quelli più vecchi, e perciò i sintomi devono scomparire nell'ordine inverso in cui sono comparsi;
Impedire questo movimento naturale della nostra energia, costringendola nella direzione contraria, impedirle di portare a buon fine le eliminazioni necessarie al ristabilimento della salute, respingendole dentro, vuole dire costringere il nostro organismo a cercare un equilibrio energeticamente più basso. Il nostro corpo cerca sempre e in ogni situazione un punto di equilibrio (omeostasi), un adattamento nel quale conservarsi per sopravvivere. Esso resiste fino a quando quell'equilibrio non si rompe e, in ossequio alla sindrome generale di adattamento del Selye, ne stabilisce un altro a livello energetico più basso e così via, fino a quando si giunge a un livello energetico insostenibile.
La Guarigione Naturale consiste nella correzione della corrente energetica distorta, mediante la sua eliminazione con sistemi vicarianti, dato che è risultata bloccata nella libera eliminazione per vie regolari e si manifesta con il quadro sintomatico corrispondente: questo concetto è espresso da Ippocrate con l'aforisma Natura Morborum Medicatrix.
In questo senso, possiamo senz'altro dire che esistono vari livelli non solo dello star male ma anche e soprattutto dello star bene. Infatti la Vis Medicatrix Naturae di Ippocrate consente di mantenere la salute che è pertanto il risultato di un'unità psicologica e fisica in continuo dinamismo (da dentro a fuori, da sopra a sotto) capace di ristabilire costantemente il livello energetico più alto.
Qualche breve nota tecnica per comprendere come si presentano i medicamenti omeopatici e come si somministrano.
Le preparazioni omeopatiche si ottengono da prodotti, sostanze o composizioni di base dette ceppi omeopatici, che possono essere di origine vegetale, animale o minerale.
Nel primo caso la materia prima è costituita da piante intere o parti di esse, fresche e selvatiche.
Ogni pianta viene raccolta nel suo abitat naturale secondo le regole della Farmacopea Francese e trasformata nel prodotto di base, detto Tintura Madre
Nei ceppi di origine animale la materia prima è costituita da animali interi o da loro parti o da loro secrezioni.
Anche in questo caso la T.M. si ottiene per macerazione in alcool di animali vivi (Apis, Formica rufa) o disseccati (Chantharis) o di loro parti.
In altri casi si utilizzano le loro secrezioni come quelle dei veleni di serpente.
Per i ceppi di origine minerale occorre specificare che la scelta del ceppo è esclusivamente di origine naturale. Ad esempio quando parliamo di Natrum Muriaticum ci riferiamo al sale marino e non al cloruro di sodio chimico. Ed ancora col termine Calcarea Carbonica facciamo riferimento a Calcarea ostrearum cioè lo strato medio del guscio dell’ostrica e non al carbonato di calcio.
Le T.M. di partenza vengono quindi diluite varie volte e queste si chiamano attenuazioni.
Le attenuazioni (diluizioni) possono seguire una proporzione di 1 a 10 e si otterranno le diluizioni Decimali Hahnemanniane definite con la sigla DH; si otterranno invece le CH o Centesimali Hahnemanniane se la diluizione avviene in rapporto di uno a 100.
Un altro metodo di attenuazione fu messo punto dal Dottor Korsakoff medico al seguito delle truppe russe durante le guerre napoleoniche e dal suo nome tale diluizione è detta Korsakoviana ed identificata con la sigla K.
Il metodo delle diluizioni 50 millesimali è descritto nella VI edizione dell’Organon pubblicato postumo nel 1921, cioè 78 anni dopo la morte di H. e lo si identifica con la sigla costituita da un numero che precede una barra e poi le lettere LM
Tutte queste preparazioni vanno ad impregnare dei supporti inerti quali:
Granuli: piccole sfere di lattosio e saccarosio di circa 50 mg;
Globuli: con massa di circa 5 mg;
Come si presentano quindi i farmaci omeopatici ?
il tubo granuli che contiene circa 80 granuli per un peso di circa 4 grammi;
il tubo dose globuli che contiene 200 globuli per un peso di circa 1 grammo;
le gocce con soluzione di T.M. o in 1 DH
e per completezza le pomate e le supposte o gli ovuli.

RICERCA
A questo punto vediamo quale è lo stato attuale della ricerca in omeopatia.
Abbiamo visto come storicamente l’omeopatia sia sperimentale ed empirica. E’ sperimentale perché si fonda sulla ricerca degli effetti dei farmaci sull’uomo sano ed empirica perché basata sulla esperienza clinica dei medici omeopatici.
Purtroppo le singole osservazioni cliniche, pur conservando una notevole importanza documentale, non possiedono un adeguato valore scientifico attuale perché non riproducibili e valutabili statisticamente.
E’ quindi necessario, e tutti gli omeopati ne sentono l’esigenza, dimostrare scientificamente l’efficacia dei medicamenti omeopatici e comprendere le modalità d’azione.
Occorre premettere che, per effettuare la ricerca occorrono molti finanziamenti e l’omeopatia, fino ad ora, ne ha avuti pochi.
Ma la difficoltà principale è quella di trovare i modelli sperimentali adatti. La metodica omeopatica, essendo un metodo terapeutico individualizzato escluderebbe a priori la possibilità dell’individuazione di modelli sperimentali generali.
Per poter evidenziare l’azione di un medicamento omeopatico secondo le metodiche in uso nella sperimentazione allopatica la ricerca di modelli sperimentali è ancora più difficoltosa.
L’omeopatia, per potersi confrontare con quella che viene definita medicina ufficiale deve quindi lavorare su modelli sperimentali diversi da quelli propri del metodo: cioè su modelli non all’equilibrio, non sani o artificialmente stimolati.
Deve dimostrare l’efficacia delle diluizioni superiori al numero di Avogadro indipendentemente dal concetto di forza vitale.
Negli anni dal 1940 al 1970 la ricerca in omeopatia si sviluppò in diverse direzioni e culminò con l’introduzione dei medicamenti omeopatici nella Farmacopea Francese e Tedesca.
Fu approntato da Heintz un lavoro in cui si dimostrò come soluzioni omeopatiche diverse favoriscano o si oppongano al passaggio di corrente elettrica e lo facciano in modo differente rispetto al solo solvente ed in base alla diversa diluizione.
La dimostrazione dell’attività biologica delle diluizioni su animali e vegetali fu effettuata con numerosi lavori dal 1952 ad oggi.
Allo stato attuale la ricerca è finalizzata allo studio di:
- azione biologica delle soluzioni ed estreme diluizioni;
- loro struttura chimico fisica;
- loro meccanismo d’azione.
Per lo studio dell’attività biologica si dispone di tre modelli molto affidabili realizzati sia in vivo che in vitro, che hanno permesso un numero molto elevato e statisticamente attendibile di esperienze.
Il modello di intossicazione con l’arsenico che dimostra la notevole attività delle soluzioni di Arsenicum album a diluizioni 5 e 15 CH di favorire l’aumento di eliminazione di arsenico urinario e fecale in ratti intossicati da tale sostanza.
Abbiamo già accennato al ruolo variabile dell’aconitina a diverse diluizioni sul cuore isolato di anguilla.
Ed ancora un lavoro estremamente importante, e condotto rigorosamente, sulla capacità di Phosphorus in diluizione omeopatica che svolge un azione protettiva e curativa sull’epatite da tetracloruro di carbonio. Alla 7 CH ha un effetto positivo sui parametri biochimici ed alla 15 CH sul danno tessutale.
Molti lavori sono stati condotti in farmacologia vegetale sia su piante sane che malate, ma soprattutto su piante intossicate.
Ed ancora sono stati condotti lavori su cellule isolate e sistemi enzimatici ad esempio il modello di citotossicità contro linee cellulari neoplastiche condotto dal Professor Bonavida del Dipartimento di Microbiologia ed Immunologia dell’Università di Los Angeles.
Egli ha esplorato l’effetto biologico di alcune molecole (Tumor necrosi factor, adriblastina, cisplatino) diluendoli a concentrazioni centomila volte più basse rispetto alle dosi alle quali si manifesta la loro tossicità.
Ha testato l’effetto sinergico di due di queste sostanze alla 7 CH con cellule ormai resistenti ai farmaci, i risultati sono stati sorprendenti, poiché le cellule neoplastiche si sono rivelate sensibili all’azione di dosi diluite in associazione.
Lo sperimentatore è riuscito ad annullare le resistenze farmacologiche delle cellule tumorali.
Lo studio della struttura chimico-fisica è stato condotto con metodiche dirette quali:
risonanza magnetica nucleare, effetto Raman laser;
e metodiche indirette:
Riscaldamento, Congelamento, Irradiazione.
Infine la ricerca clinica in Omeopatia.
Interessantissimi i lavori pubblicati su Lancet nel 1986 dal gruppo di Reilly di Glasgow su pollinosi ed asma con confronto con metodiche allopatiche.
Ed ancora il lavoro di Veroux ed Amodeo e Coll. Sull’effetto protettivo di Arnica 5 CH nella vasculopatia diabetica.
Certamente alcuni lavori hanno dato esito negativo, ma in un articolo comparso recentemente (1991) su Britisch Medical Journal, firmato da Kleijnen, Knipschild e ten Riet, tre esperti di ricerche cliniche dell’Università di Linburg in Olanda, che hanno analizzato 107 lavori clinici omeopatici controllati, realizzati dal 1966 al 1980, affermando in conclusione che è difficile onestamente sostenere l’inefficacia del trattamento omeopatico dopo aver valutato in toto tutti i lavori eseguiti. I ricercatori hanno evidenziato un’alta percentuale di risultati favorevoli all’azione terapeutica dei medicamenti omeopatici in un gruppo di sperimentazioni che era classificato ad alta garanzia di scientificità dal punto di vista della metodologia seguita nello svolgimento dei protocolli.
Menzioniamo infine un ultimo lavoro estremamente rigoroso, randomizzato e controllato con placebo, eseguito da un ricercatore universitario, il Prof. Jacobs, su numerosi farmaci omeopatici, scelti con un programma computerizzato, per il trattamento della diarrea infantile in Nicaragua, e pubblicato nel 1994 su una delle più importanti riviste americane (Pediatrics).

Una brevissima nota sulla legislazione.
Nel 1992 sono state emanate dal consiglio della Comunità Europea due direttive sull’omeopatia, una per i prodotti per uso umano (98/73/CEE) ed una per i prodotti per uso veterinario (92/74/CEE) che definiscono medicinali i prodotti omeopatici.
In Italia tali direttive sono state recepite con la legge 22 febbraio 94 n. 146 pubblicata su G.U. n.52 del 4 marzo 94 nella quale al capo IV art.25 comma 1punto e si autorizzano al commercio i medicinali omeopatici presenti sul mercato italiano al 31.12.92.
Con il D.L. 185 all’Art. 7 comma 3 si stabilisce invece che per i prodotti presenti sul mercato al 31.12.92 entro il 2 ottobre prossimo le aziende devono chiedere il "primo rinnovo” dell’Autorizzazione all’Immissione al Commercio.
Ciò dovrebbe avvenire presentando una documentazione ad una sottocommissione della C.U.F., che però, per legge, non può dare i rinnovi ma solo prime immissioni; e comunque dovrebbe dare queste autorizzazioni seguendo specifici criteri che non esistono perché le direttive attese non sono state pubblicate.
Allo stato attuale la Commissione per i farmaci omeopatici istituita per il biennio 1996/97 sta per esaurire la sua esistenza senza aver operato perché il suo presidente, il Dr. Paolo Lucentini, si è dimesso senza essere sostituito.
E’ stata presentata, il 10.01.97, una proposta di legge, la n. 2960 del Deputato Galletti ed altri parlamentari di tutte le forze politiche, tendente alla modifica dell’art. 7 del D.L. 185, che intanto estenderebbe al 6 Giugno 2000 la proroga per il rinnovo dell’A.I.C. e detterebbe le norme da seguire per la definitiva regolamentazione della suddetta Autorizzazione.
Proprio tre giorni fa sono venuto a conoscenza che è stato emanato un decreto che proroga il rinnovo dell’A.I.C. per i farmaci omeopatici al Giugno 2000.

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